Il più forte è sempre e solo uno, Peter Sagan. Nello stesso anno ha vinto due edizioni consecutive del campionato del mondo 2016, e lo ha fatto DA SOLO, come fece Contador al Giro d'Italia 2015, nonostante i formidabili gregari di Aru, che fino all'ultima penultima tappa hanno cercato di rendergli la corsa difficile. Due campioni, talmente grandi da vincere la corsa,
da soli, nonostante le rispettive squadre, di certo non all'altezza della situazione. Sagan ha partecipato alla corsa mondiale, solo con due compagni di squadra, di medio livello; Contador invece con più compagni, ma talmente incapaci di sostenerlo nei momenti topici delle tappe, da tagliare il traguardo, nelle ultime posizioni! E mi venite a dire che il ciclismo è uno sport di squadra. Ingenui. Finitela con questo luogo comune, lanciato ai tempi del compianto Ballerini, che se non fosse stato per Cipollini, Bettini e Ballan, campioni rimpianti, tanto straordinari da essere protagonisti assoluti nei momenti topici della corsa, non avremmo vinto neanche quelli di mondiali. Vinsero loro e solo loro, per l'innata ed incredibile forza e capacità di leggere la corsa, di essere dominatori negli ultimi metri. In buona sostanza se non c'è il campione che finalizza, il gioco di squadra non serve a nulla. Di converso, il campione può vincere anche da solo. Cio nonostante senza capirne il motivo e il senso, tutti a scimmiottare in TV "il ciclismo è sport di squadra"! Ingenui, pedalate, sudate e capirete la differenza. Sagan ha sfruttato la scia degli altri corridori e ha aperto il gas negli ultimi 100 metri, amen. Imparate e riflettete. Studiate il ciclismo e pedalate.
Qualche considerazione sui nostri azzurri, la cui compagine ha avuto due capitani incapaci di imporsi nella corsa mondiale. Uno, l'olimpico su pista, Viviani, colpito dai crampi, a sentire i cronisti della RAI; forse il caldo del deserto, un calo di forma fisica, e quel rincorrere più volte, il gruppo lanciato, per "colpa" del CT Cassani che lo intratteneva seduto comodamente sul SUV dell'organizzazione, sono stati fatali. E' appena il caso di precisare che in corsa, l'energia va risparmiata, è la prima regola; alzare un braccio, muoversi troppo in sella, perdere la scia, sono deleteri per la volata finale. E' una cosa nota a tutti gli addetti ai lavori. L'altro capitano, Nizzolo, non ha fatto la differenza, pur essendo stato coperto e portato al traguardo da un ottimo Jacopo Guarnieri. Nizzolo è il campione italiano uscente, d'accordo, ma il campionato del mondo è tutta un altra cosa, qui ci sono campioni e giganti da affrontare.
Il CT Cassani non poteva fare di più con quegli uomini a disposizione; in termini di tattica, ha fatto tutto quello che poteva, e la fortuna lo ha anche aiutato. quando nel deserto, si è spaccato il gruppo, trovandosi con i due capitani e dei bravi gregari, nel gruppo che poi si è giocato il mondiale. Gli uomini che aveva a disposizione erano quelli. Mi chiedo però perché non mettere al suo posto, il pluri vincitore Salvoldi, CT della nazionali femminili ?
Questa edizione dei mondiali su strada, per la prima volta nella storia del ciclismo, si è corsa a "porte chiuse", nella solitudine dei grattacieli, delle palme, e delle lunghe ed asfaltate strade della città, intervallati dal triste e monotono transito nel deserto. La mancanza del pubblico è stata imbarazzante. L'UCI ha preferito i soldi dei sceicchi al pubblico, senza tenere conto, che il ciclismo senza gli spettatori non è lo stesso ciclismo. Se non fosse stato per quei quattro tifosi cecoslovacchi arrivati per tifare Sagan e qualche altro tifoso, così pochi da contarsi sulle dita, tutti collocati dietro le transenne della zona del traguardo, non avremmo visto nessuno ad assistere alla corsa iridata ! In tutto il percorso non c'era nessun tifoso, compreso il deserto😬 ! Del resto non c'è da meravigliarsi. Anche per organizzare corse di ciclismo c'è bisogno di cultura. Altrimenti si saprebbe che gli arabi non amano il ciclismo, e la loro religione proibisce di pedalare alle donne. Certamente si confonde il consenso del pubblico locale con la strategia di mercato dei facoltosi arabi che investono nel ciclismo, anche solo per vezzo o megalomania. Evidentemente, oggi, le corse mondiali si organizzano a suon di milioni, il resto non è indispensabile, almeno fuori dall'Europa. Ma v'è di più. 40 gradi e il vento del deserto hanno massacrato la condizione fisica e mentale dei corridori, molti dei quali sono mestamente collassati. Una vergogna e una mancanza di rispetto nei loro confronti, da parte di chi li rappresenta e dovrebbe tutelarne la salute. Dove sono finiti quei corridori italiani che hanno protestato con tante veemenza, soprattutto via Twitter, all'indomani della tappa del Terminillo della Tirreno Adriatico 2015, vinta da Quintana, sotto la neve? Vi invito a leggere un mio precedente post
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