mercoledì 3 agosto 2016

Colle dell'Agnello. Il Lupo mangia l'Agnello. 🚵💨

Il Colle dell'Agnello (versante italiano da Casteldelfino) è una delle salite più dure dell'arco alpino. Dopo il Col d'Iseran e lo Stelvio è' la strada asfaltata più alta d'Europa; tra di loro c'è solo una differenza di qualche metro.  La sua carta d'identità: da Casteldelfino, km 21,300, dislivello 1452 metri, pendenza media 6,8, pendenza massima 15%.
Come è nello stile di Lupo Solitario, salgo da solo, per rendere la sfida più dura. Fino a Pontechianale, ultimo paese prima della cima, si affrontano tornanti impegnativi, brevi e discontinui rampe. Dopo il bivio di Pontechianale, superata la vecchia dogana, inizia l'inferno: 10 km, con pendenza media del 10%, con tratti superiori al 12-14%, e l'arrivo a quota 2744 metri dal livello del mare, e nessuna possibilità di prendere fiato. Si può solo pregare e liberare la follia. La durezza della salita non ha pietà del ciclista che lancia la sfida e nessun rapporto salva la gamba; si sale con la forza della mente; fondamentale è l'esperienza nella gestione delle forze. Sulle Alpi si è soli, senza il gruppo che ti ripara dal vento; si sale, contando solo su se stessi, in ogni senso; per questo si trovano avvantaggiati  quelli che prendono sempre il vento in faccia e non si nascondono nel gruppo. La strada si avvinghia alla pareti della montagna; salire è sfidare la gravità; è superare i propri limiti.  L'altitudine elevata non agevola lo sforzo, anzi lo comprime, per la rarefazione dell'ossigeno. Tanto per rendere l'idea della sfida: con il 36/29 sembra di spingere all'indietro, con il 34/29 la gamba non riesce a girare in agilità e sembra di tirare il 53/11! Il colle dell'Agnello soprattutto nell'ultimo tratto è una rampa senza fine. Ogni tornante è stretto e rappresenta un gradino sempre più alto verso il passo. Non c'è tregua. Un apnea infinita. Le gambe sono sempre costantemente indurite dalla sforzo, e la schiena, in continua tensione, può anche dolere. Si procede costantemente fuori soglia. Dunque se non avete una buona dose di follia, pazienza tattica e capacità di gestire le forze, come del resto è necessario per ogni salita montana, è meglio rimanere a casa. Consiglio di fare attenzione al traffico veicolare. La presenza fastidiosa e pericolosa dei motociclisti e di un gruppo di scuteristi torinesi, ha reso la “scalata” più difficile, dovendo gestire, nonostante lo sforzo delle pendenze e dell'altitudine, le errate ed imprudenti scie dei centauri senza abilità e i loro ravvicinati sorpassi, su una careggiata, non larga. Una volta in cima, ho cercato con lo sguardo il ceppo costruito dai francesi, recante la linea di confine Francia-Italia, le cui fattezze e il colore, richiamano quelle di un altare, che in questo caso, celebra la passione dei ciclisti. Come da prassi, la foto di rito è un modo per dimostrare rispetto alla montagna e per affidare il momento all'eternità, quella degli uomini comuni. Davanti a me, le due imponenti catene alpine, quella francese e quella italiana, si incontrano sul passo, così grandi che incutono timore. Qualche cumulo di neve, si trova ancora per le pendici. Chiudo gli occhi per un attimo, accarezzato dal vento fresco che soffia dalla Francia. Avrei voluto che quel momento non finisse mai; l'ho atteso e preparato per un anno. Ma il tempo si consuma e nuovi eventi incalzano la vita, nuove cime mi attendono. Mi guardo intorno, memorizzo ogni cosa, un modo per portarli via con me. Io piccolo uomo, rendo omaggio alla montagna. E' il momento sacro in cui celebro la divinità della Natura, sull'altare severo del passo, sul quale lascio come dono, i sacrifici fatti per arrivare fino lassù. 
Tempo di ascesa:  1 ora e 50 minuti.
Consigli: per salire sul passo occorre un ottima preparazione, una notevole dose di follia e coraggio,  soprattutto per chi sale da solo; usate una guarnitura compact o semi compact; è d'obbligo il 28-29. Usare borraccia da 1,5 litri. 
 Saluti ciclistici 🍾



















Nessun commento:

Posta un commento