sabato 6 agosto 2016

Col d'Izoard. Omaggio a Coppi e Bobet. Da Arvieux a Briancon.














Fuori dal palazzo di Giustizia di Briancon




La targa commemorativa di Gino Bartali, posta all'entrata del castello di Briacon.








L'Izoard è il Tour de France, è il Giro d'Italia. Siamo in territorio francese, più precisamente del Tour. Il primo corridore a vincere sull’izzard, la montagna leggendaria fu Philippe Thys nel 1922, già vincitore di tre edizioni della corsa a tappe più importante al mondo. Che trattasi di zona sacra al ciclismo, lo ricordano le due stele dedicate a Coppi e Bonet, incastonate nella roccia della zona ad alto valore naturalistico del Queyras, quella della famosa e magnifica Casse Deserte, rocce e guglie e priva di vegetazione, denominazione che evoca un paesaggio lunare, unico al mondo. Mi ha colpito una piccola urna adagiata sulla stele del Campionissimo, contenete la terra del suo paese natale, Castellania. Qui viene in pellegrinaggio chi ama il ciclismo e la sua storia; chi vuole cimentarsi con un severo banco di prova alpino. Segnalo l’educazione dei ciclisti francesi, che usano salutare tutti i ciclisti che incontrano; non è singolare la cortesia dimostratami da un ciclista francese nel chiedermi se volevo che mi scattasse una foto davanti alla colonna posta in cima al Col d’Izoard ! Su tutte le strade di montagna francesi sono presenti sui lati della strada, cartelli con indicazioni relative al chilometraggio e alla pendenza delle salite. Ciò è sintomatico della particolare cura che i francesi hanno per i ciclisti e il ciclismo. Cosa poco frequente sulle salite alpine italiane.  
Dal punto di vista tecnico, la salita ha i numeri da big climb ovvero hors category dal versante del  Tour de France e del Giro d’Italia: altezza  2360 metri dal livello del mare, lunghezza 14,170 km, dislivello 1007 metri, pendenza media 7,1 %, (pendenza che avrebbe potuto essere più alta se non ci fosse stata la breve discesa con forte dislivello di circa 100 metri), pendenza massima 14%. La parte finale è completamente esposta al sole, che in assenza della brezza, rende più difficile l’ascesa. Dunque occhio al sole che in alcuni tratti, quelli senza vegetazione, costituisce una vera insidia. Oggi la temperatura era insolitamente bassa e soffiava una brezza che arrecava sollievo. Ma di solito non è così; non scordate che queste sono le strade del Tour de France, calde e torride.   
Il mio ritorno in Francia, sulle strade del Tour dopo tre anni fa, è stata un tuffo del passato, in ogni senso, un omaggio a Coppi e Bobet e a tutti i campioni che sono passati per questa strada alpina. Una salita sacra che mi ero promesso di scalare, dopo le precedenti ascese del Galibier ( doppio versante), dell’Alpe d’Huez, del Telegraphe, del Glandon, delle Dues Alpes, le Croix de Fer. In fondo il Tour de France è tutto qui, in queste montagne che hanno scritto la storia del ciclismo. Qui si sentono echeggiare le voci dei tifosi, urlate, ai lati della strada, al passaggio dei corridori, Qui si possono vedere le ombre sulla strada, di Coppi, Bottecchia, Bonet, Bartali, Pantani. 
Non c’è dubbio: il Col dell’izoard è stata una delle mie più belle scalate. 

Voglio ricordare quel momento così......Pedalo con la testa nel tempo che non c’è più, quando i corridori erano malinconici e la gente solidale, aveva ideali. Mi sembra di stare in fuga, con il gruppo che insegue. La gente che applaude ai bordi della strada. L’aria fresca la sento sulla pelle, coperta dalla maglia madida di sudore. Un po' di vento mi porta voci lontane. Non c’è pesantezza nelle gambe e spingendo sui pedali, rilancio l’andatura, ad ogni tornante. C’è qualcosa di misterioso che mi aiuta ad aumentare la velocità; il mio sguardo è ovunque, pensando che quella strada, quelle rocce, ogni cosa, possa parlarmi del Campionissimo. Superati i 2000 metri, tutto è magico. La strada improvvisamente, smette di salire, e tutto intorno a me, sembra mutare, di colpo. Si erge in tutta la sua struggente bellezza la Casse Deserte, paesaggio lunare e rocce di una straordinaria forma e colore. Il sole è più intenso. Non pedalo più, abbacinato dalla bellezza del panorama e delle pareti rocciose, dritte e appuntite. Pedalo nella storia del ciclismo. Qui campioni d’ogni tempo hanno lottato per la gloria. La strada scivola sotto i tubolari, lungo la breve discesa. Prima che finisca di attraversare il vento, scorgo alcune rocce solitarie, ingentilite da piccoli alberi rimasti aggrappati alle irti rocce. Prima che incominci a pedalare sul ripido e stretto tornante, stretto tra la parete rocciosa e le piccole rocce solitarie, un rapido sguardo, e riconosco le due piccole lapidi dedicate a Fausto Angelo Coppi da Castellania e Bobet. Non c’è tempo e modo di fermarsi; lo farò al ritorno dalla cima del Col d'Izoard. La visita alle stele è stata indimenticabile.
Tempo di ascesa: 58 minuti 
Consigli: usare il 29 ( o il 28 per Shimano e Sram) e ovviamente la compact o la semi compact, borraccia da 1,5 litri e prestate attenzione ai motociclisti che con il passare del tempo, sono diventati un vero problema per la sicurezza degli automobilisti e ciclisti, anche nelle zone di alta montagna. La strada che porta al bivio D902 è a due corsie ed è trafficata. Fino al paese di Arvieux si procede su un tratto che passa da una pendenza minima del 3,2 % a quella massima dell'8,4%. Giunti al bivio di Pasquer si arriva sull'unico brevissimo tratto che segna 0%. Approfittate di questo tratto non impegnativo, per pedalare tranquilli. La salita vera e propria inizia ad Arvieux, che riconoscerete per il classico campanile. Da Arvieux le pendenze si alzeranno gradualmente, ma inesorabilmente, senza scendere mai sotto 7-8-9%. La pendenza massima del 14% la incontrerete al km 7, a quota 1790 metri, e poi come dicevo, davanti alla stele di Coppi e Bobet, lungo la Casse Deserte, al km 12 circa, a quota 2187 metri. Se volete fare lo scatto ( è d'obbligo) davanti alle stele di Coppi e Bonet, fate attenzione; è posta in prossimità di un precipizio, all'interno di una "nicchia" ricavata al lato della strada, in un tratto dove non è possibile fermarsi in salita, vista l'elevata pendenza (14%) e il tornante stretto. Vi consiglio di farlo al ritorno dopo avere raggiunto il passo; in pratica lo raggiungerete in discesa. Raggiunta la vetta, a quota 2360 metri, dopo 14 km e 170 metri, godetevi il meraviglioso panorama, e immortalate il momento davanti all'obelisco, di solito trafficato da ciclisti e motociclisti  per la foto di rito. In cima ho trovato due bancarelle fornite di dolci, souvenir e cartoline con il timbro commemorativo. Una volta rifocillati, avrete due possibilità, ritornare ad Arvieux oppure scendere verso Briancon, la città più alta d'Europa. Lungo entrambe i versanti, le discese sono tecniche e molto impegnative, soprattutto nella prima parte, del versante Briancon. Prima di giungere a Briancon, si attraversa Cervieres. La strada è stretta e ripida, con alcuni dossi aperti nel mezzo, per favorire il passaggio dei ciclisti. Briancon è molto bella e merita una sosta. Per arrivare al castello di Briancon, posto sulla parte alta della città, occorre superare una rampa del 14%. Saluti ciclistici. 















































































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