giovedì 2 agosto 2012

Le strade del Tour, 4^ parte: Croix de Fer e Glandon

















Anche qui c’è la storia del Tour de France. I 2068 metri della Croix de Fer, che sovrastano maestosamente la splendida valle dell’Eau d’Olle, è un immagine preziosa da conservare per sempre. La fatica per arrivarci, è tanta, direi è implacabile, ma viene ripagata dallo spettacolo, fatto di acqua, prati verdi, pareti rocciose maestose, boschi fitti e cielo terso infinito e soprattutto per l’impresa compiuta. Il dislivello di 1550 metri logora lentamente le forze e rende estenuante salire fino al gigante, sotto un sole cocente. Salite e discese anche con punte massime al 12%, caratterizzano il percorso con un sali e scendi impressionante; discese veloci e alcune tecnich ti lanciano verso salite di implacabile durezza. Consiglio di fare una piccola sosta per rifornirvi di acqua nel piccolissimo paesino di Oz Village, nell’unico tratto senza salita. Successivamente solo il silenzio, rotto dal fragore di numerose cascate di acqua che schizzano dalle alte pareti rocciose, che sembrano una lacrima o se si preferisce una dimostrazione di forza e di vita delle Alpi. La salita non molla mai, anche nel tratto finale degli ultimi km, quando la strada si assesta sul 6,6 %, fino all’agognata vetta. Negli ultimi 2 km e mezzi, prima della vetta della Croix de Fer, sulla sinistra c’è un bar ristorante. A fianco c’è il forte strappo che conduce al Col de Glandon, altitudine di 1924 metri, dove è posta una enorme bici di acciaio, che sovrasta una vallata di una bellezza straordinaria. Sulle Alpi francesi tutto è imponente; è la misura di raffronto e di percezione delle cose. Da Le Bourg d’Oisans posto alle falde dell’Alpe d’Huez, inizia l’ascesa di queste cime epiche del Tour. Pendenza media dell’8 %, pendenza massima del 12%, un dislivello di 1550 metri, una lunghezza di 74 km, percorsi quasi tutti sotto il sole, con temperature molto alte. In Francia le vette alpine amano mostrarsi a lungo al sole e rendono infernale l’ascesa. La strada attraversa la bellissima valle de l’eau d’Olle, una delle sei suggestive valli dell’Oisans. Questa zona viene chiamata il giardino dell’Oisans. La strada verso il Croix de Fer lambisce al lato una parete rocciosa maestosa e costeggia vallate rigogliose di alberi di alto fusto e la imponente diga EDF de Grand Maison, realizzata nel 1986.
Sull’ascesa verso il Croix de Fer, Fausto Coppi, tanto per citarne uno degli episodi mitici del Tour, si involò verso la vittoria sull’Alpe d’Huez, dopo avere raggiunto il Gigante del Galibier. Il formidabile campione italiano, volava sulle Alpi, quel giorno, e il gruppo prese l’ascesa verso la Croix de Fer con un distacco enorme di 40 minuti. Il gruppo esplose sulle prime rampe del Croix de Fer sotto l’impulso di Gèminiani e Robic, che si staccarono per ricucire la fuga di Coppiin una strenua e alta andatura anche sulle cime del Galibier, fino a ricucire la fuga sulle cime dell’Alpe d’Huez. Qui ci fu un epico duello con il francese Jean Robic, che il campione italiano seppe regolare con la sua forza straordinaria.
E’ stata l’uscita del 25 luglio 2012, tutta in solitaria e quindi con maggiore difficoltà, anche questa, molto difficile e per certi versi unica ed epica, per un comune mortale come me.
Con questa uscita, termina la mia esperienza con le mitiche Alpi Francesi. Un progetto iniziato con le alpi italiane in Valtellina, proseguito con le Dolomiti. Insomma ho terminato quella che ho chiamato la trilogia della Alpi. Un avventura straordinaria che porterò per sempre con me e che mi ha saputo regalare momenti straordinari ed unici. Tanta fatica, ma tanta soddisfazione. Ho ripercorso le strade del Pirata e quelle della “La Marmotte”, una delle tre Gran Fondo più massacranti e prestigiose del calendario agonistico. Ho voluto regalarmi una pagina epica del Tour de France ed immagini di una straordinaria bellezza naturale e per vederli li ho dovuti sudare. Ma ne sono stato felice ed orgoglioso. Dopo questa ennesima esperienza, per Lupo Solitario, niente sarà più come prima. Una parte di me, è rimasta lassù; come una parte di me è rimasta sulle Alpi Italiane e sulle Dolomiti. Ivi il pensiero si è forgiato nell’azione. La bici è vita attiva e nobile.
Ringrazio la mia bicicletta, compagna silente e fedele, anzi le tre biciclette che ho usato durante la trilogia delle Alpi.
Un saluto va al mio meccanico, Luca Falasca, che mi ha preparato pazientemente la Trek Madone usata per le Alpi Francesi. Ringrazio anche il ciclista Pietro che mi ha consigliato percorsi in terra francese, ma che non ho avuto tempo di percorrere tutti, poiché sono un ciclista marito e papà.
Un saluto ai miei amici francesi Jacky, Mario e Nanda.
Una dedica speciale va ai miei figli che mi hanno seguito in tutte le ascese, facendo il tifo, scattando le foto, e curando il rifornimento dell’acqua e delle barrette. Spero che conservino proficuamente il ricordo di questi giorni. 


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